È una poesia quella di Guido Mattia Gallerani sempre in debito verso un qualcosa la cui esistenza reale rimane oscura, impenetrabile. La poesia non risarcisce il debito contratto con la vita, essa resta inspiegabile quasi senza motivazioni, al di fuori della ragione. La poesia di questo libro, dunque, è un luogo potenziale, qui si intessono meraviglie e sconfitte, con situazioni conoscitive tese tra intelligenza metrica e storica e surrealtà della poesia, fantasma imprendibile. La poesia come conseguenza non riparatrice dell'esistere, in uno stile che comprime la razionalità rilasciando sbuffi onirici e identificando la natura con l'allegoria perpetua (come avviene nella poesia di Franco Fortini) di una poesia futura. Enigmatici quanto incantevoli in Falsa partenza sono il vortice di animali e boschi, di zone-paesaggi interiori, dislocati, quasi tagliati, verso il profondo come fossero il detrito di una identità sconosciuta; in un libro fatto di sequenze poetiche sono il battito sopravvissuto di un romanzo che avrebbe voluto nella socialità intensamente dire tutto. Così questa natura intuitiva e non idillica è attraversata da un sentire spaventato, da una ipersensibilità eterogenea, come un poema-fotogramma allucinato trasfuso dalla mente e che imprime la musica di una poesia graffiata dall'inchiostro rilucente del pensiero (Andrea Gibellini).